Tra le grandi figure di Alpini della nostra Sezione ci piace ricordare Federico Fisogni, Alpino del Gruppo di Paderno Dugnano, forse poco noto ma certamente meritevole d’esser meglio conosciuto.
La sua vita e le vicende militari che la caratterizzarono sono state fissate su un libro che suo figlio Gerolamo, anch’egli Alpino, ha voluto scrivere e pubblicare in occasione del trentesimo della morte, e che più avanti trovate scaricabile.
Il libro racconta la storia di questo Alpino eccezionale che cominciò la sua naja nella prima Guerra Mondiale e si può dire che la terminò negli anni ‘70, quando fu tra i soci fondatori del Gruppo di Paderno Dugnano.
In quegli anni fu guida spirituale e riferimento per gli Alpini che si affacciavano all’Associazione, appena tornati a casa dopo i mesi di servizio in montagna.
Il generale Fisogni, che preferiva essere chiamato colonnello perché con quel grado comandò i suoi reparti nei momenti cruciali dell’ultima guerra e in particolare nel 1943 quando la decisione insensata della Casa Reale gettò allo sbando i nostri reparti dell’esercito, iniziò la sua vita d’Alpino nell’ottobre del 1915 quando si arruolò volontario nel 6° Reggimento Alpini.
Nel 1916 venne nominato sottotenente e nel gennaio 1917 promosso tenente per meriti di guerra.
Nell’ottobre dello stesso anno a Caporetto, mentre stava ripiegando con il suo reperto, venne fatto prigioniero da un reparto tedesco, e l’ufficiale che lo comandava gli fece rendere l’onore delle armi.
Tornato a casa dalla prigionia in Germania, non ci rimase molto perché nel 1919 lo vediamo partire per l’Africa.
Fu assegnato al 6° Battaglione Libico, un reparto di colore formato interamente da ascari eritrei disciplinati e fedelissimi all’Italia e ai suoi ufficiali che erano gli unici “bianchi” del reparto.
Venne rispedito in Italia e nel novembre del ’22 è assegnato al 5° Reggimento Alpini che sarebbe stato da lui sempre considerato il “suo” Reggimento. Ricordava il periodo al 5° come il migliore della sua vita dove vi passerà circa 10 anni.
In quel periodo fu promosso capitano e tra i vari incarichi quello che gli era piaciuto di più era di comandante della mitica 48° Compagnia del Battaglione Tirano.
Nel 1932 lo Stato italiano, che come scrive l’autore della biografia, non si è mai distinto per troppo buon senso, gli concede la pensione alla veneranda età di 35 anni.
Tre anni per la guerra ‘15-’18 contavano per sei, la medaglia d’argento dieci anni, la croce di guerra cinque, la promozione per meriti di guerra sette, la Libia contava il doppio, e così via.
Nel 1937 si sposa e viene ad abitare a Paderno e nel 1940 il neo sposo e padre è richiamato alle armi e assegnato al Distretto di Bergamo.
Dopo il 25 luglio 1943 e la caduta di Mussolini, il nostro colonnello, come tutti i militari, è frastornato e ha il netto presentimento che si stia avvicinando qualche cosa di catastrofico.
E infatti arrivò l’8 settembre.
Nello sbando più totale, senza ordini perché i superiori erano impegnati a fuggire (il Re diede l’esempio) Fisogni decise d’agire di testa sua, sostituendo il cartello “Caserma….” con la scritta "Magazzini civili di approvvigionamento" così che i tedeschi che poco dopo sarebbero passati, lessero e proseguirono oltre.
Non essendo rimasti più soldati tedeschi nella zona, Fisogni diede il “ rompete le righe” e così i suoi alpini, quasi tutti bergamaschi, ritornarono facilmente alle loro case.
Poco dopo venne costituita la Repubblica Sociale Italiana, dove il comando dell’Esercito venne affidato al generale Graziani, suo vecchio comandante ai tempi della Libia.
Dopo aver arruolato nella RSI quasi tutti gli sbandati dell’8 settembre a Bergamo, si può dire che Fisogni stabilì una specie di tacito accordo con i partigiani della vallata, così che, quando arrivavano gli ordini di rastrellamento inviava qualche Alpino del luogo ad avvertire chi di dovere, evitando così inutili spargimenti di sangue.
E così arrivò il 25 aprile con la resa dei tedeschi e tutto quanto successe poi e fu a questo punto che la riconoscenza dei partigiani si fece più concreta perché decisero che far tornare a casa il “colonnello” sarebbe stato troppo pericoloso.
Così i suoi Alpini lo misero d’autorità in una sperduta valle laterale della Val Seriana, a casa di uno di loro.
Poi a poco a poco riprese la vita normale, l’Italia diventò una repubblica, e tutto si stabilizzò.
Fisogni si iscrisse nella Sezione di Milano dell’ANA che allora era presieduta dal suo amico colonnello Dante Bellotti.
Nel 1964 viene fondato il Gruppo di Paderno Dugnano, dove partecipa con entusiasmo, ringiovanendo visibilmente quando si trovava tra gli Alpini, in particolare in occasione della “Marcia in montagna” che il Gruppo di Paderno organizzava.
Morì il 17 ottobre 1976.
Ai funerali vi fu una grandissima partecipazione di popolo, un alpino precedeva la cassa sulla quale era stato posto il suo cappello, portando un cuscino di fiori con sopra le sue medaglie; vi era il gagliardetto del Gruppo ed il vessillo della Sezione con il presidente Rezia.
Nella storia di questo Alpino, del quale noi di Milano andiamo fieri, possiamo leggere la storia dell’Italia del ‘900, la storia del popolo, con le sue passioni, le sue speranze e tutta la sua umanità che le guerre e le vicende più brutte non sono mai riuscite a cancellare.